La deliziosa produzione del messicano Ricardo Solís illustra la sua personale versione del mito della creazione degli animali. Solís attinge alla sua immaginazione infantile e traspone su tela le sue bizzare e divertenti ipotesi sul perché gli animali appaiono come appaiono.
Nella versione di Solís l’armatura dell’armadillo è il prodotto della fatica dell’uomo. Come se fossero impegnati a costruire una complessa architettura, piccoli operai appaiono impegnati nel coordinare le operazioni richieste all’assemblaggio delle scaglie dell’animale.
Quando è l’immaginazione che comanda, ogni teoria può essere possibile e plausibile, anche quella che attribuisce il colore rosso di un uccello al fatto che venga nutrito e ricoperto di peperoncino, che viene poi schiacciato e compattato sul suo corpo da piccoli operai. È un paradosso di quel che ci dice la scienza, ovvero che la colorazione di un animale dipende in gran parte da quello che mangia.
La maestria con cui Solís disegna gli consente di eseguire le sue opere in uno stile che fa immediatamente venire alla mente gli acquerelli con cui si illustravano i trattati zoologici nel XIX secolo. Ma i suoi lavori sovvertono ogni pretesa validità scientifica e il suo universo fantasioso è in realtà molto più vicino ai mondi letterari di Jules Verne.
Mi piacciono in maniera speciale le due versioni dell’ippopotamo. Nella prima, l’ippopotamo viene rappresentato in tutto il suo peso reale, mentre è intrappolato su un piedistallo molto precario fatto di piccoli uomini. Nella seconda, l’ippopotamo prende forma come se fosse un dirigibile gonfiato d’aria e si libra con leggerezza verso il cielo, mentre piccoli uomini tentano con fatica di trattenerlo e tirarlo giù.
Nell’arte di Ricardo Solís trovo un rimedio efficace a questo mondo sempre più privo di ogni senso di stupore, fantasia e poesia.
Per vedere altri racconti sulla creazione animale di Ricardo Solís potete visitare il suo sito qui.
Grazie a Ricardo Solís per l’uso delle immagini.
via Beautiful Decay e Lost at E Minor.
Straordinario, fantastico!
Concordo, ovviamente! 🙂