Rob Mulholland – Tide Flow, Time Flow

uk-icon La nuova installazione scultorea dello scozzese Rob Mulholland ricrea universi immaginari ed allo stesso tempo introduce spazi di riflessione.


La definizione ‘spazi di riflessione’ si presta perfettamente alle installazioni di Mulholland. Infatti le sagome umane caratteristiche della sua arte sono realizzate in acciaio inossidabile e si comportano come specchi che riflettono l’ambiente circostante e i soggetti che vi interagiscono.

Installata come parte di un’esposizione di gruppo sui terreni di una bellissima tenuta privata chiamata Caol Ruadh e situata nella costa occidentale della Scozia, Tide Flow – Time Flow occupa le rive di un lago e sfrutta i ritmi delle maree. L’effetto specchiante è accentuato dalle mutevoli condizioni della superficie dell’acqua. Grazie alle condizioni meteorologiche e alla luce l’installazione cambia ogni secondo.

Ma la parola ‘riflesso’ assume anche un’altra connotazione in questo caso. Tutte queste figure impalpabili creano un ambiente profondamente meditativo, e la loro presenza invita alla riflessione. Esistono in una condizione ineffabile: terrestri e acquatiche, presenze ancestrali di un passato lontano oppure creature aliene da un immaginario futuro. Stanno forse emergendo dall’acqua per approdare a terra o stanno ritornando agli abissi cui ipoteticamente appartengono? Sono estranei o non sono piuttosto le immagini riflesse di noi stessi?

Ognuna delle installazioni di Rob Mulholland si ispira alla specificità del luogo per il quale è stata concepita. In questo caso, l’ambiente acquatico gli ha fatto immaginare cretacee creature marine. L’atmosfera d’insieme è intesa a sollecitare un ideale percorso verso un mondo armonicamente organico.

Per saperne di più su Rob Mulholland e la sua arte, potete visitare il suo sito qui.

Grazie a Rob Mulholland per l’utilizzo delle immagini.

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4 risposte a “Rob Mulholland – Tide Flow, Time Flow

  1. è incredibile come l’assenza di originalità (o la mancanza di atto creativo) spinga certi artisti d’oggi a cannibalizzare a piene mani dalle opere degli artisti contemporanei di appena qualche decade precedente! E’ questo il caso di Mulholland che senza vergogna, clona le silohuettes a specchio di Pietro Gallina (parliamo degli anni ’70) che hanno previsualizzato tutto ciò che ora sembra una novità. Inutile dire che tale comportamento non rientra nella bona fides (nell’era di internet è ingiustificabile l’ignoranza, e basta far ricerca su Google), ma la malizia di “fare i furbi” è una grossa tentazione. Detto questo, bastava che l’artisa scozzese ponesse come premessa che le sue opere erano “ispirate” o almeno derivate da quelle di Gallina per evitare il dubbio…del plagio.

    • Ringraziando per le osservazioni, ci tengo a premettere che non sono qui per difendere l’arte di Mulholland da questo tipo di accusa, laddove ci siano validi fondamenti. Mi preme pero’ sottolineare che non concordo con le accuse fatte. In primis, perché’ non e’ vero che basta far ricerche su google per conoscere l’arte di Pietro Gallina. Confesso la mia ignoranza in merito alla sua opera, e proprio per questo ho fatto come suggerito e usato google. Dai risultati ho visto una sola silhouette a specchio tra le sue opere. Francamente non mi sembra sufficiente a parlare di ‘cannibalizzazione’ intenzionale ed assenza di originalità’, quando non addirittura di plagio. Aggiungo inoltre che il concetto di originalità’ e’ quanto di più’ controverso si possa discutere (in arte e altrove). In generale reputo che non sia il mezzo, la forma, ne’ il materiale specifico a determinare l’originalità’ di qualcosa, quanto il modo in cui essi vengono utilizzati. Posto che Mulholland si sia davvero ispirato a Gallina (cosa che non do per certa), le sue silhouettes a specchio vengono liberate nella natura, potenziandone la forza delle forme, delle luci, dei colori, allo stesso tempo inserendo delle figure insieme misteriose, a tratti invisibili e misteriose. Il gioco sensoriale mi sembra particolarmente riuscito quando sono inserite nel fuggevole ambiente acquatico. Temo che l’eccesso di critica intellettuale a volte vada a discapito della primaria dimensione sensoriale che certa arte riesce a conservare.

      • apprezzo lo sforzo fatto per il commento, ma per chi si occupa d’arte è difficile rendere credibile qulsiasi ricerca seria liitandone le sorgenti ai motori di ricerca (che si sa bene come sponsorizzino/indicizzino o meno i risultati); specialmente per chi, come Gallina, appartiene all’era analogica dove le tracce di esistenza erano esclusivamente cartacee (cataloghi, riviste e giornali). Detto ciò, il non essere presente su internet giustifica la NON fama? mi sembra un po’ troppo una politica wikipediana…
        http://artpedia.wikia.com/wiki/Pietro_Gallina

      • un’altra accusa – quella di politica wikipediana – da cui non reputo di dover difendere nessuno (ne’ l’artista, ne’ me stessa) perché’ il fatto non sussiste. Ho confessato gia’ la mia ignoranza di partenza, ma se ho usato google non e’ certo perché’ questo e’ il mio mezzo di ricerca quando mi interesso a questioni d’arte. L’ho fatto principalmente perché’ il primo commento recitava testualmente ‘nell’era di internet è ingiustificabile l’ignoranza, e basta far ricerca su Google’ e volevo verificare se davvero, come quella frase asserisce nel contesto, sarebbe stato sufficiente questo per poter sapere delle silhouettes di Gallina.
        Troverei più’ stimolante un discorso sulle aspettative di originalità’ che si hanno nei confronti dell’arte e degli artisti. Ma concedo che questo blog – che evidentemente non ha la presunzione di una seria piattaforma di approfondimento critico – non e’ luogo adatto e forse nemmeno credibile.

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